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Marzia Ciccola - KULT magazine


KULT magazine n.2/2014 (Agosto-Settembre 2014)

TEMPI SURMODERNI di Marzia Ciccola

Quarantaduenne, milanese, informatico di professione, artista per passione, Andrea Valsecchi ferma nei suoi scatti la sua interpretazione della surmodernità di Marc Augé, rimandando a una critica dell’uso della tecnologia da parte di un uomo sempre più solo, sempre più concentrato su se stesso che, convinto di evolversi, si involve.
E’ un’indagine sulla società contemporanea e sull’impatto che su di essa ha lo sviluppo tecnologico quella che le immagini di Andrea Valsecchi mettono in evidenza. Quella stessa critica che sollevò Charlie Chaplin in Tempi Moderni e che Valsecchi riprende nel titolo del suo lavoro, suggestionato anche dalla “surmodernità” dell’antropologo Marc Augé, Tempi Surmoderni. Sotto questo “cappello” tre serie di lavori, Metamondo, Stay Stupid e Towers, condotti dallo stesso filo rosso della critica all’uso della tecnologia, che si sviluppa all’interno di precisi contesti urbani contemporanei, asettici e minimali, architetture della modernità, scelte dalla società moderna. E d’altra parte anche la riflessione di Augé in “Nonluoghi, introduzione a un’antropologia della surmodernià”, è profondamente legata allo studio degli spazi della città. “E il mio sguardo parte da lì – spiega Valsecchi – le figure umane all’interno delle mie immagini sono sole perché è la naturale trasposizione di ciò che sta avvenendo dal punto di vista della tecnologia. Ma la mia non vuole essere una fredda e mera critica, ma un punto di partenza per alcune riflessioni”. Sono, come scrive Angela Madesani nel testo introduttivo di Tempi Surmoderni presentato al MIA, “pensieri dello sguardo”, dalla sottile ironia anche, provocatori quel tanto che basta.
La serie “Metamondo” è un’indagine tra il sottile confine tra mondo reale e mondo virtuale. Il cotesto di architettura moderna, quei nonluoghi di Augé sottolinea il contesto fittizio caratteristico della virtualità: “Ho ripreso l’idea dell’isola di Second Life e in ambiente urbano reale ho inserito elementi che fanno riferimento al web, come la stringa di Google di “Looking for someone”, titolo che sottolinea la solitudine del mondo web, o “Now playing”, che rimanda all’inserimento nell’immagine dei comandi per controllare l’avatar. Ma rispetto al web il procedimento è inverso: l’utente non entra dall’esterno ma, nelle mie immagini, parto dall’esterno e inserisco elementi del web”.
Quattordici immagini di città ognuna con la sua chiave di lettura e ognuna con il suo titolo, scattate in giro per il mondo perché “non mi interessava la location in particolare, quanto queste situazioni di architettura contemporanea asettica che si ritrova ormai ovunque nel mondo, che sia San Donato o San Francisco (Battery Low)”.
A sottolineare ancora come il nostro sia “il tempo triste e mortificante della globalizzazione, che ha modificato e appiattito le nostre vite, da Pechino a New York, da Seoul a Milano” come scrive Angela Madesani.
Il passaggio successivo dell’indagine critica di Valsecchi è la serie Stay Stupid che vuole essere un commento al famoso discorso di Steve Jobs a Stanford : “Bellissimo discorso, ma, si può dire paraculo? Ci si dimentica che l’imprenditore parlava a giovani che saranno futuri manager/imprenditori che ci continueranno a riempirci le tasche di diavolerie iper tecnologiche. E quindi ironicamente mi rivolgo all’altra metà del sistema esortandolo a “restare stupido” e ciecamente acquistare per far sì che il sistema stesso stia in piedi”.
La mise en scène prevede l’introduzione nel contesto urbano di persone vestite con una tuta anticontaminazione: immagini di un futuro prossimo in cui “l’uomo ha abbandonato l’idea di avere l’aria pulita e felicemente se ne va in giro nella sua tutina, ma, in compenso, grazie al QR Code, un complesso software, sa quanto è contaminato”. E’ il paradosso della modernità.
“Sono assolutamente favorevole al progresso tecnologico – dice Valsecchi – ma mi pongo anche una serie di interrogativi. Chaplin si chiedeva “a cosa serve il progresso se non ci rende più felici?”: è una domanda che rimane sempre valida.
La serie “Stay Stupid” parte dall’osservazione della tecnologia in quanto bene di consumo. La tecnologia smette di essere un “mezzo” (uno strumento) e diviene il “fine” ultimo. Osservazione che, dal mio punto di vista, acquisisce importanza in quanto abbiamo a che fare con strumenti che sempre più vedono, pensano, vivono al posto nostro”.
La terza serie, in corso, è “Towers”, in cui le torri delle comunicazioni, in un mondo in cui esisti solo se sei su Facebook, diventano i nuovi totem da venerare. All’ombra delle torri alcune scene ricreate per lanciare dei messaggi: l’immagine che non viene riflessa nello specchio se la torre smette di funzionare, Narciso che riflette un’immagine di sé pixelata … “il lavoro mi fu commissionato per interpretare una delle figure dei Tarocchi. Informandomi su di essi, di cui non sapevo molto, mi rimase impressa la Torre e il suo significato, ovvero il fallimento. Da questa ispirazione è nata la serie e nonostante il significato possa essere letto negativamente, in realtà nella nostra società il fallimento, la crisi, è qualcosa di affrontabile, da cui rialzarsi”. Perché il messaggio di Valsecchi, in fondo, è di speranza positiva.

Marzia Ciccola